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2010-01-24 07:31:40 UTC
Avversari? Il nulla. O giù di lì.
Eclissatasi la meteora elettorale dell’altro ex pm Luigi De Magistris, passato armi e bagagli alla corte di Di Pietro (ammesso sia mai stato un suo concorrente: le cronache di corte danno i due da sempre d’amore e d’accordo!), ogni avversario deve fare i conti con le forche caudine delle regole elettorali previste dall’ottimo Tonino.
Ovvero, per poter concorrere, mentre la Mozione del Presidente ha la strada spianata, gli avversari debbono raccogliere le firme dei delegati eletti. Ma quali delegati? E eletti dove? La Mozione, ovvero la dichiarazione di intenti per la linea programmatica della strategia del partito che nascerà dal congresso, dovrà raccogliere almeno 50 firme di delegati. Poca cosa? Ma a patto di sapere dove son di casa questi delegati, visto che le liste verranno pubblicate non prima del 25‐26 gennaio. Ovvero 5 giorni prima della scadenza dei termini.
Ben più arduo appare il compito dello sfidante al Soglio supremo: per il candidato alla presidenza ben 200 firme, raccolte in 7 regioni differenti.
Insomma, una corsa contro il tempo, carta bollata, ricorsi e rissa elettorale garantita e annessa. Ma in fondo la storia dell’Idv è sempre la stessa. E’ un partito dove si discute di tutto e di più. Dove l’invettiva verso gli avversari scorre veloce e senza intoppi. Dove a decidere è sempre lo stesso: Antonio Di Pietro.
Il quale sa che il congresso avrà un unico imperativo: conquistarsi lo spazio mediatico assoluto, diventando uno spot elettorale in vista delle elezioni regionali. E non a caso Di Pietro già lo annuncia come un test decisivo per il futuro del partito. Una sorta di svolta epocale col passaggio dalla fase personalistica di un piccolo partito movimentista, alla fase democratica di un partito che vorrebbe approdare al 10%.
Tutto davvero così facile? Con i congressi provinciali, però le polemiche e le proteste lievitano. Sulla graticola i tempi e le regole di un congresso gestito dal politburo dipietrista ed il tesseramento su cui vige una assoluta omertà.
Alla vigilia del congresso, quanti sono i tesserati dell’Idv? Ecco un segreto per cui varrebbe bene un viaggio fino a Fatima!
Così il gruppo degli autoconvocati, dei dissidenti, degli epurati, dei sospesi e dei commissariati continua ad ingrossare, e dopo il doppio convegno a Bologna (l’ultimo sotto la neve di Natale), il coordinamento nazionale dei ribelli si è ritrovato a Brescia, domenica scorsa, per la messa a punto della strategia congressuale e l’ardua raccolta delle firme.
Le stime danno attualmente un dissenso intorno al 15%, con punte in Lombardia, Emilia, Liguria, Lazio, Campania e Puglia, mentre il popolo grillino resta a guardare (a Congresso l’ingresso trionfale di Beppe dovrebbe sancire il patto di ferro con Di Pietro: a lui il lavoro sporco della politica, al comico ligure la campagna di primavera con i referendum contro i siti nucleari e la privatizzazione dell’acqua), l’altro grande elettore, Paolo Flores d’Arcais, dopo la velenosa inchiesta di Micromega, appare sempre più defilato, e l’altro ex‐ Pm, De Magistris, insignito dell’alto incarico di scrivere la Mozione presidenziale, si atteggia nuovamente a irrequieto, offrendo un profilo da pontiere, tra una opposizione, scontenta e combattiva, e il ponte di comando che all’Idv, resterà sempre nelle mani di Di Pietro, a prescindere dal Congresso.
Nell’Idv, tutti gli incarichi fin qui sono stati per designazione. Quasi fossero titoli nobiliari, per grazia ricevuti.
A inizio d’ogni anno l’incubo della nomina corre sul web: conferme, promozioni e bocciature d’improvviso appaiono sul sito del partito, tra urla di gioia, rantoli di rabbia e immensi rancori. Senza mai una riga di spiegazione.
Si può vivere in un partito combinato così? Un giorno appare come carrozzone mediatico, quando si accendono i riflettori di Annozero e dello sponsor Santoro. Un altro giorno ti diventa Versailles con la corte che si inchina a sua Maestà. Un altro si tramuta in caserma, con sempre tutti in silenzio e sull’attenti.