2007-11-22 13:18:28 UTC
Meno parrucconi, più parrucchini
uliwood party
Marco Travaglio
Il primo pensiero, affettuoso e solidale, non può che andare ai figli.
Perché lui, nonno Silvio, ha di nuovo giurato sulle loro teste.
Amorevolmente intervistato da Augusto Minzolini sulla Stampa, Bellachioma ha negato di avere qualcosa a che fare con il nuovo partito bifamigliare Storace-Santanchè.
E visto che non ci credeva nemmeno lui ha aggiunto:
«Ho giurato sui miei figli che non ne sapevo niente».
L'ultima volta che aveva messo di mezzo la testa della prole era stato il 22 novembre 1994,
quando ricevette il primo invito a comparire per le tangenti alla Guardia di Finanza e assicurò che la Fininvest non fa certe cose.
Naturalmente era una balla:
manager corruttori e finanzieri corrotti furono puntualmente condannati.
Ma i Berluschini non ne subirono alcuna conseguenza.
Stavolta vedre*mo.
Per il resto l'ometto che ieri ha fondato il nuovo Partito del popolo della libertà,
o Partito della libertà,
o Partito del popolo,
o Popolo del partito,
o Libertà del popolo,
o Libertà del popolo partito,
pare lo stesso del 1994.
A parte i 13 anni e i 13 capelli in più.
Ora come allora, dice che «il partito nasce dal basso»:
infatti lo fonda lui, che è 1 metro e 60.
La lunga retromarcia verso le origini, anzi verso l'infanzia,
prevede il replay dell'«appuntamento con la Storia»
e del «pericolo di un futuro illiberale e incerto»
(frasi copiate dal discorso della «discesa in campo»,
solo che stavolta gli illiberali non sono i comunisti,
ma gli alleati);
la diretta adorante di Emilio Fede;
l'accenno alla «forza morale» del nuovo partito
(infatti Dell'Utri s'è detto d'accordo e Previti anche);
il ritorno in regìa di Giuliano Ferrara
(che ultimamente, a corto di padroni da servire, stava per iscriversi al Partito democratico);
il disprezzo per la «vecchia politica dei parrucconi»
(parrucchini e trapianti per rutti);
l'alzo zero sulla «classe politica degli anni 80 che ci lasciò la pesante eredità del debito pubblico»,
per la gioia di Stefania Craxi, De Michelis, Pomicino, Biondi, Pisanu, Cicchitto e altri riciclati o figli d'arte
(a proposito:
chissà che ne dice il Platinette Barbuto testé ripescato).
Il ritorno agli albori è sottolineato anche dal tasso decisamente notevole di gnocca alla conferenza stampa,
da cui erano perciò esclusi Bondi e Cicchitto
(Gustavo Selva s'è imbucato all'ultimo momento,
a bordo della consueta ambulanza).
Unici elementi di continuità col recente passato:
la prescrizione fresca di giornata che l'ha salvato dall'ennesimo
processo per falso in bilancio grazie ai suoi onorevoli avvocati;
le balle spaziali sul fatto di non aver mai pensato alla «spallata» anti-Prodi;
e le cifre sparate a casaccio,
tipo quella dei «10 milioni di firme ai gazebo»
(su You-tube c'è chi dimostra di aver votato una dozzina di volte, anche coi nomi di Riina, Gelli e Hitler).
Come la Nazionale di Donadoni,
Bellachioma dà il meglio di sé quando è disperato.
Nel '94 temeva di finire in galera e di fallire per debiti:
scongiurò brillantemente entrambe le evenienze.
Stavolta aveva puntato tutto sulla caduta di Prodi:
non gli è riuscito di comprare nemmeno mezzo senatore,
Casini lo snobba,
Fini minaccia financo di accorgersi del conflitto d'interessi e parla addirittura di «legalità»,
Bossi gli fa gli scherzi.
Se nel '94 tutti saltavano sul carro del vincitore, oggi fanno a gara nel percorso inverso.
Ieri il Giornale della ditta, pensando di far cosa gradita, pubblicava le gigantografie di «Tutti gli amici di Silvio»:
Storace, Santanchè, Brambilla, Giovanardi e Rotondi.
Trascinatori di folle.
Ma lui confida molto in Bordon e Dini, per dire com'è ridotto.
È talmente all'angolo che non parla più di «brogli comunisti»,
anzi elogia gli «uomini di buona volontà» del Pd,
coi quali vorrebbe tanto mettersi d'accordo perché lo trattano molto meglio degli ex alleati.
Lo scambiano addirittura per un interlocutore in vista della riforma elettorale,
lui che non ha mai capito una mazza di proporzionale e maggioritario
(però «me l'ha spiegata Giuliano Ferrara»),
oscillando fra l'uno e l'altro a seconda di dove lo portava il portafoglio.
Insomma, lui ci conta molto:
ogni volta che ha un piede nella fossa, arriva sempre il centrosinistra a salvarlo.
Basterà invitarlo a tavola per un bel governissimo senza le ali estreme, e tornerà come nuovo.
Riusciranno i nostri eroi a resuscitarlo per la terza volta?
l’Unità (20 novembre 2007)